Oltre a un bel numero di vip c’è anche una bella farfalla che ha scelto di vivere nella zona di Capalbio, e precisamente nei boschi dove si trovano le piante di corbezzolo. Il suo nome scientifico è Charaxes jasius, mentre il suo soprannome un po’ romantico è "Ninfa del corbezzolo".
Gli amici però la chiamano familiarmente Jasio o addirittura, se sono proprio in confidenza, "la sbronzona", visto che beve alcolici con grande piacere. E’ una delle farfalle più belle e più grandi che esistano in Italia, con un’apertura alare che può arrivare a otto centimetri. La sua livrea è di un delicato velluto bruno orlato di arancione e traversato da una fascia d’argento, con riflessi verdi, lunule azzurre e guarnizioni rosse e bianche. Le ali, che sembrano lavorate a sbalzo, hanno due code.
L’entomologo Enrico Stella, in un documentario eccezionale trasmesso in TV, ha mostrato la Jasio in tutto il suo splendore e ha spiegato come si fa ad attirarla: basta posare da qualche parte, nella macchia dove ha i suoi rifugi, un bicchierino di birra, di vino e – perché no? – di alcolici più pesanti. Lei arriva subito e srotola la sua cannuccia per tuffarla nel liquido che la inebria. Beve, beve e quando se ne va è molto difficile per chi la osserva capire se è ubriaca o no, perché le farfalle quando volano vanno sempre a onde anche se sono sobrie.
Si dice però che quando la sbronzona ha bevuto sia più facile catturarla, anche perché dopo essersi librata in alto, (forse in un empito di allegria?) torna giù a vedere se per caso ce n’è ancora un goccio. E allora si acchiappa senza fatica. Ma il professor Stella si è raccomandato: non lo fate, lasciatela libera. Nemmeno lui, per studiarla, ha commesso una tale scorrettezza. Non sta bene approfittarsi di una signora che ha alzato un po’ il gomito.
Nella zona di Capalbio c’è come un tacito accordo, tra gli amici della Jasio: bisogna proteggerla perché è sempre più rara. E non soltanto lei, ma anche altre farfalle che abitano i nostri boschi e i nostri giardini, come il Papilio macaone, la Vanessa pavone che porta due straordinari disegni di falsi occhi sulle ali, e altre bellissime vanesse, o le pieridi bianche con un neo nero come i pierrot, e le loro cugine giallo limone. C’è l’obbligo di stare attenti e di preoccuparsi della loro incolumità, come si fa in tutti i paesi civili del mondo.
Quando una farfalla rischia di entrare in collisione con la nostra vettura, noi della zona abbiamo l’abitudine di avvisarla in tempo che stiamo passando e lei, che sembra tanto svagata, inverte con flemma e precisione la rotta, evitando lo scontro. Ci sono così poche farfalle, oramai, che bisogna tenerle da conto come gioielli, ma è un po’ difficile convincere i non esperti - anche se amano davvero gli animali - che i lepidotteri hanno un apparato acustico efficiente e che basta qualche colpo di clacson per farli scansare dalle strade. Eppure con questo sistema se ne salverebbero parecchi.
Le farfalle possiedono davvero "orecchie" per intendere? Non c’è dubbio: anche loro avvertono i suoni, almeno in forma di vibrazioni, attraverso certi peluzzi che funzionano da recettori. Perché non dovrebbero sentire un clacson? Molte falene (farfalle notturne) hanno addirittura, alla base del torace o all'inizio dell'addome, due cavità ricoperte da una membrana che è un vero e proprio timpano ed è collegata a un nervo acustico. Percepiscono perfino gli ultrasuoni, tanto è vero che a volte riescono a sfuggire all’ecosonda dei pipistrelli.
Si è parlato tanto della scomparsa delle lucciole, ma delle farfalle che di anno in anno continuano a diminuire, nessuno parla mai. Eppure non ce ne sono quasi più. L’uomo ha fatto molti danni a questi deliziose creature, ed esistono dei bambini che non le hanno mai viste. L'uso sconsiderato degli insetticidi e anche degli erbicidi, che uccidono molte erbe di cui i bruchi di farfalla hanno assoluto bisogno per nutrirsi, ha falcidiato le popolazioni un po' dovunque. La cosa più grave è la distruzione del loro habitat, dovuta all'urbanizzazione. Secondo alcuni esperti, dal dopoguerra agli Anni Ottanta, nell'Europa centrale, il numero di specie comuni nei prati e nei boschi si è ridotto a un quarto.
Così, a Capalbio, dove questi problemi ancora non esistono, cerchiamo di tenerci care le nostre farfalle, e soprattutto la simpatica sbronzona